Assisi. La Maestà di Cimabue è tornata a splendere

maestà di cimabue

Realizzata nella seconda metà del ‘200 dal maestro di Giotto, la Maestà di Cimabue è stata oggetto di un meticoloso restauro durato circa un anno.

E’ stato presentato ieri mattina ad Assisi, alla presenza del prof. Sergio Fusetti che ha seguito il restauro dell’opera insieme alla sua èquipe, il restauro della Maestà di Cimabue, dipinto realizzato “a secco” tra il 1285 e il 1290 alla base dell’arcata destra del transetto della Basilica inferiore del Santo.

L’opera, che raffigura la Madonna in trono con Gesù in grembo tra quattro angeli, è particolarmente importante perché, sul lato destro del dipinto, è raffigurato, sembra con le sue vere sembianze, il Santo Poverello di Assisi, tanto che sopra l’effige è riemersa la frase “haec est vera Sancti Francisci effigie”, che fu dipinta, sembra, in base al racconto diretto di chi lo conobbe direttamente (guarda il video).

Il restauro, realizzazto grazie al contributo della Ferrari, ha inteso recuperare l’aspetto originario dell’opera, che nel tempo ha subìto diverse vicissitudini, grazie alle tecnologie più innovative in accordo alle ultime indicazioni in materia di restuaro e recupero della leggibilità del dipinto, a cinquanta anni dall’ultimo intervento di restauro.

Nel progetto appena ultimato, infatti, sono state effettuate numerose indagini con diverse tecniche e strumentazioni non invasive per analizzare lo stato di conservazione dell’opera e i materiali utilizzati nei restauri precedenti. Si è scelto, quindi, di compiere un lavoro conservativo dell’affresco, rimuovendo tutti i restauri precedenti. L’intervento ha seguito il modello dell’Istituto Centrale del Restauro del 1973 con un approccio meno invasivo, che ha cercato di esaltare il contributo dell’artista e si è concentrato anche sul consolidamento dell’intonaco della struttura muraria.

La Maestà, originariamente visibile solamente ai frati quando accedevano al coro ligneo o all’altare, probabilmente presentava una immagine anche sul lato sinistro del gruppo, speculare rispetto alla figura di San Francesco, poi rimossa nel tempo a causa della realizzazione del ciclo di affreschi posteriori. Dopo l’apposizione di un altare ligneo nel ‘500, rimosso solo tre secoli dopo, e dopo aver scampato anche un “restyling” in funzione di una iconografia mariana più aderente al dogma dell’Immacolata Concezione, l’opera di Cimabue è pervenuta fino a noi, ed è nostro compito custodirla, ovvero preservarla, conservarla prendendosene cura, per le generazioni a venire.

Benedetta Tintillini

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